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Il mondo non ha più tempo da perdere

Le Nazioni Unite in campo da decenni per contrastare gli effetti del cambiamento climatico

«Siamo e resteremo promotori dell’azione per il clima. Siamo determinati a proteggere la natura, gli oceani e le foreste, che sono i nostri polmoni e garantiscono la vita umana sulla terra e sulla biodiversità.»



Con questa dichiarazione di intenti l’ONU conferma il suo impegno per la lotta al cambiamento climatico causato dall'azione dell'uomo, fin dal XIX secolo, che ha provocato ingenti danni all’ambiente per sostenere il proprio stile di vita. Deforestazione, causata dalle esigenze della produzione alimentare e dall'esigenza di avere nuove materie prime, consumismo, che richiede sempre una maggiore quantità di prodotti, e la necessità di muoversi in un mondo sempre più interconnesso sono i principali imputati di questo problema.


Da oltre tre decenni l’ONU riunisce la maggior parte dei paesi del mondo in una conferenza chiamata CoP, letteralmente Conference of Parts, per sensibilizzare la comunità internazionale al fine di limitare i danni dei cambiamenti climatici.


L’ultimo incontro si è tenuto qualche giorno fa a Sharm el-Sheikh in Egitto e si è concluso dopo una settimana di trattative, tra il plauso dei paesi del Sud del Mondo e la disapprovazione degli Stati del Nord del mondo. Si è riscontrato, infatti, qualche difficoltà di troppo nel trovare un accordo sul clima che unificasse le pretese dei paesi partecipanti. Un risultato, tuttavia, è stato ottenuto: il via libera al fondo Loss and damage, che serve per rimediare ai danni e alle perdite causate dal clima nei Paesi più vulnerabili. L'accordo non ha soddisfatto le attese sugli obiettivi precedentemente fissati.

Tra questi la mitigazione, cioè il mantenimento del surriscaldamento globale sotto i 1,5 gradi, l'adattamento ai cambiamenti climatici, finanziamento ai paesi più poveri e collaborazione che coinvolga una platea sempre più ampia.


Purtroppo la maggior parte di questi traguardi non è stata raggiunta, anche a causa del mancato impegno dei paesi che avevano firmato gli accordi e della mancata adesione di altri. Determinante è stato anche l'intervento delle multinazionali, che per salvaguardare i propri profitti, hanno influenzato negativamente gli Stati più poveri, dove non ci sono adeguate leggi per la tutela dell'ambiente.


Tuttavia, in un quadro così cupo è possibile trovare una luce. Tante sono, infatti, le buone pratiche finanziate dai principali Stati del mondo, in cui le politiche nazionali in collaborazione con enti privati, realizzano progetti davvero innovativi e sostenibili.


In Italia, ad esempio, l'università degli Studi di Milano-Bicocca collaborando con Directa Plus e con G.Eco (gruppo A2A), dopo una ricerca durata sei anni, ha sperimentato una tecnologia per asfalti che utilizza un processo innovativo, sostenibile e completamente made in Italy, con il quale sarà realizzata una tratta dell'autostrada a4 Torino-Milano.


Anche nel Regno Unito, un gruppo di studiosi dell’università di Cambridge, ha brevettato un'invenzione che potrebbe giovare all'ambiente. Dopo anni di ricerche e sperimentazioni, infatti, ha realizzato una foglia artificiale che promette di rivoluzionare il modo di produrre carburante, rendendo l’intero processo meno inquinante. Questo ritrovato tecnologico dovrebbe fornire in modo sostenibile i gas di sintesi, usati in campo chimico e farmaceutico, e accelerare il processo per la creazione del combustibile.


In conclusione, progetti come questi potrebbero innescare un'inversione di rotta in grado di circoscrivere il problema del cambiamento climatico che l’Onu riconosce come un’urgenza, un problema più che mai attuale che, se non affrontato adeguatamente, rischia di nuocere in maniera irreversibile non solo alla razza umana, ma anche a tutte le specie viventi che abitano il nostro pianeta.




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